Tra i miracoli attributi a San Tommaso d’Aquino ce n’è
uno legato alle aringhe. Fermatosi un giorno al castello di Maenza (Latina), il santo, malato, espresse il desiderio di mangiare delle aringhe, introvabili nella
zona. Il medico, che era con lui, voleva accontentarlo e si recò al mercato
dove vide un pescatore di Terracina, tale Bordonarius, al quale chiese appunto
le aringhe. Il pescivendolo rispose che non aveva altro che sardelle, ma il
medico gli chiese di vedere meglio nelle sue ceste. E di fatto trovarono le
aringhe gridando al ‘miracolo’.Nelle
carte del processo di canonizzazione c’è la testimonianza del frate che quel
giorno era con San Tommaso e disse che che quelle mangiate a Maenza erano aringhe
fresche che conosceva solo sotto sale per averle viste alla Curia Romana a
Viterbo, e che anche Fra Tommaso, presente al castello, riconobbe per
averle gustate in Francia. I giudici curiosi chiesero: “Vi ricordate come le
cucinarono?”. “Le mangiammo lesse in brodo e anche arrostite”, rispose il
frate, rivelando dunque non solo il primo miracolo di san Tommaso, maanche la prima ricetta di una zuppa
di pesce.
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