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Tobiolo e l'angelo - Andrea del Verrocchio
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Lasciare la tavola imbandita per andare a
compiere un’opera di carità. E’ quanto fa Tobi, personaggio dell’antico
Testamento, ebreo deportato a Ninive, l’attuale Iraq. Era l’VIII secolo avanti
Cristo. “Per la nostra
festa di Pentecoste – si legge nella Bibbia, nel Libro di Tobia -, cioè la
festa delle Settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola:
la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobìa: ‘Figlio mio,
va’, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Nìnive qualche povero, che
sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad
aspettare che tu ritorni, figlio mio’”. Il figlio uscì ma trovò invece per la
strada un morto strangolato. E allora il pranzo di Pentecoste può aspettare
perché bisogna seppellire quella povera anima. Compiuta l’opera di carità “ritornai,
mi lavai e mangiai con tristezza – racconta Tobi, così si chiama per distinguerlo
dal figlio - , ricordando le parole del profeta Amos su Betel: ‘Si cambieranno
le vostre feste in lutto, tutti i vostri canti in lamento’. E piansi”. La
Chiesa ricorda questo personaggio biblico, San Tobia o San Tobiolo, il 13
settembre, o il 2 novembre, giorno della ricorrenza dei defunti.
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