
Carissimi,
Qualche
volta le parole difficili, invece che complicare le cose, aiutano a capirle. Se
non altro, perché incuriosiscono. La parola azzimi è una di quelle. Ricordo che
per le sue allusioni a misteriose usanze da beduini provavo sempre fastidio
ogni volta che durante la messa di Pasqua ricorreva l’oscuro invito di San
Paolo a celebrare la festa «con azzimi di sincerità e di verità» (I Cor 5,7,8).
Ma che cosa sono questi “azzimi”, finché un giorno mi sono deciso ad
approfondire la cosa e la scoperta dei significati nascosti sotto quel termine
mia ha così arricchito che oggi la faccenda degli azzimi costituisce il pezzo
forte delle mie omelie di Pasqua. Dunque dovete sapere che quando arrivava la
primavera e con la raccolta dell’orzo nuovo cominciava il nuovo anno agricolo
gli ebrei nomadi per arcaiche consuetudini eliminavano il vecchio lievito
conservato nella madia. Anzi proprio per il bisogno di inaugurare un nuovo
ciclo vitale distruggevano ogni antico fermento che si trovasse nelle case.
Un’esercitazione senza dubbio meno pericolosa di certe nostre consuetudini di
gettar via dalla finestra nella notte di capodanno piatti e stoviglie che non
servono più. Sicché per una settimana mangiavano pane azzimo, senza lievito
appunto. Una specie di simbolismo per dire anno nuovo, vita nuova. Una gran
voglia di ricominciare tutto daccapo, senza tener conto del passato, una smania
collettiva di rigenerarsi radicalmente. Un traboccamento di entusiasmi vergini
che eliminasse tutte le croste della decrepitezza antica, un accredito
euforico, se volete, alla buona volontà di imboccare strade diverse. Una
decisione forte di romperla con le vecchie storie di ambiguità e di dolore. Poi
per gli ebrei è venuto il momento dell’esodo dall’Egitto, accede in una notte
di primavera proprio nel periodo in cui si mangiavano gli azzimi e la faccenda
del pane senza lievito si è caricata di un altro significato. Pane senza
lievito perché per il precipitare degli avvenimenti, nella notte della
liberazione non si è avuto il tempo di far fermentare la pasta. Gli azzimi
quindi sono i pani non lievitati, che nel richiamo di San Paolo vogliono
indicare due cose: la novità di vita e la rapidità con cui vanno prese certe
decisioni.
Chi solo allora gli interlocutori di questo mio messaggio pasquale? Per un verso tutti colo che non hanno il coraggio di cambiare, che non sanno staccarsi dal modulo, i prigionieri dello schema, i nostalgici del passato, i cultori della ripetizione, i refrattari al fascino della novità, i professionisti dello status quo.
Per un altro verso, coloro che sono lenti nelle scelte. Gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi. Gli irresoluti fino alla paranoia prima di prendere una decisione. Gli ossessionati dal dubbio, perennemente incerti se mettersi in cammino.
Chi solo allora gli interlocutori di questo mio messaggio pasquale? Per un verso tutti colo che non hanno il coraggio di cambiare, che non sanno staccarsi dal modulo, i prigionieri dello schema, i nostalgici del passato, i cultori della ripetizione, i refrattari al fascino della novità, i professionisti dello status quo.
Per un altro verso, coloro che sono lenti nelle scelte. Gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi. Gli irresoluti fino alla paranoia prima di prendere una decisione. Gli ossessionati dal dubbio, perennemente incerti se mettersi in cammino.
Don Tonino Bello (15
aprile 1990)
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