UNA CENA TROPPO SFARZOSA


Troppi servitori, troppo sfarzo nei vestiti, troppa ricchezza nella ‘scenografia’, tra colonne, archi scalinate. E’ la storia di una “Ultima Cena” che non piacque alle autorità ecclesiastiche e si trasformò nel quadro “La Cena a casa di Levi”.
Il dipinto era stato commissionato a Veronese dai religiosi dell'Ordine Domenicano della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia. Il tema era appunto l’Ultima Cena. Ma Veronese esagerò e l’opera non fu apprezzata dalla Santa Inquisizione, che era stata contattata dal priore della Basilica. La vicenda finì davanti al Tribunale del Sant'Uffizio nel luglio del 1573. Furono chieste modifiche al quadro ma l’artista non lo accettò e preferì piuttosto modificare il nome dell'opera. 
Il nuovo titolo del dipinto divenne appunto “La cena a Casa di Levi” (oggi custodito alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), dall'episodio del Vangelo in cui Matteo, detto anche Levi, l’esattore delle tasse che lascia tutto per rispondere alla chiamata di Gesù, prepara un grande banchetto nella sua casa.

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