LA CASA DEL PANE E DEL LATTE

Betlemme, la Basilica della Natività
Betlemme vuol dire “casa del pane”. Un nome che rievoca un tempo in cui queste colline, ad una manciata di chilometri da Gerusalemme, erano fertili e dove si produceva grano in quantità. La semplicità del grano e del pane è infatti spesso rievocata anche nei presepi. Ma il pane legato a Betlemme a me richiama alla mente il sorriso semplice e buono, appunto come un pezzo di pane, di Rony Tabash, un ragazzone palestinese che vende articoli religiosi nella stradina dei negozietti che da Piazza della Mangiatoia portano al piccolo Santuario della Madonna del Latte.

Basilica della Natività, la stella indica il punto in cui è nato Gesù


Rony ha una delle prime botteghe sulla via, sulla destra imboccandola da Manger Square, ed è anche tra le più curate. E’ un tripudio di presepi, rosari e decorazioni in legno d’ulivo che da queste parti è il lavoro artigianale più diffuso; con il calo dei pellegrini in Terra Santa ora è in crisi. Siamo già stati al suo negozio qualche anno fa, ci riconosce e ci accoglie con il suo sorriso ampio e contagioso. Parla italiano, come quasi tutti i negozianti di Betlemme. 
“Come state? Siete tornati!”. “E tu? Come vanno le cose qui? Canti ancora?”, chiediamo accennando alla visita scorsa nella quale, tra una contrattazione e l’altra negli acquisti, ci mostrò un video in cui si esibiva per una trasmissione locale. “Ma sì, certo, ho cantato anche per Papa Francesco!”, ci dice mostrandoci con orgoglio i ritagli di giornale in cui, nelle cronache della visita del Papa in Terra Santa, a maggio del 2014, c’erano anche riquadri dedicati a lui, ritratto con un microfono in mano mentre si esibiva per il pontefice. “Sono contento di essere un po’ famoso – aggiunge con semplicità – ma non per me, ma per il mio Paese”. 
Contento di essere palestinese, betlemita, cristiano. In una condizione storica e in una terra in cui queste tre cose messe insieme non fanno proprio la fortuna di una persona.
Scegliamo i nostri souvenir e, tra i tanti oggetti, quest’anno riporteremo a casa un bel dipinto su legno di San Giorgio, il santo guerriero che uccide il drago, e che è un po’ il simbolo dei cristiani d’oriente. Molti qui lo hanno come segno distintivo sulla porta di casa. Come a dire: “qui abita un cristiano”. Pochi e maltrattati ormai in Terra Santa ma indomiti, come il santo con la spada.
E dopo la visita alla Natività, restaurata e ancora invasa da tramezzi, e Santa Caterina, ci rechiamo alla Grotta del Latte. La leggenda vuole che Maria, mentre allattava Gesù, perse qualche goccia di latte e la grotta divenne tutta bianca. Come infatti oggi è. Luogo di devozione tenuto dai francescani della Custodia è visitato soprattutto dalle donne che desiderano un bambino.




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