La nuova vita può avere
il profumo di un piatto di lasagne. Talmente buone da fare il bis. E’ stato questo il primo segno concreto
della nuova vita per le tre famiglie di siriani portate a Roma dai campi
profughi di Lesbo, in Grecia, da Papa Francesco, lo scorso 16 aprile. Un giorno
indimenticabile a partire da quell’aereo che li portava in un Paese in cui non
erano mai stati: l’Italia. L’incredulità per il miracolo, il sorriso del loro
angelo vestito di bianco, il Papa. E il buon piatto di pasta servito dalle
hostess dell’Alitalia.
Dopo mesi di paure, fuga dalle bombe, maltrattamenti dei
trafficanti, oggi passeggiano nel cuore di Trastevere, a Roma, frequentano la
scuola d’italiano e cercano un nuovo futuro grazie anche all'aiuto della
Comunità di Sant'Egidio. Li incontro a Roma, dopo un saluto fugace che c’era
stato sull'aereo papale, e non si sottraggono: ancora parlano di "un
sogno", "un miracolo".
Hasan e Nour sono la coppia più giovane, 31 e 30 anni, e
con loro c'è un bimbo di due anni. "Perché sono qua? Sono un ingegnere,
non un soldato e non volevo uccidere nessuno", racconta il marito
riferendo della rocambolesca fuga fino a Lesbo e dei tanti soldi dati per i
vari passaggi dalla Siria verso la Turchia e poi la Grecia. "Volevamo dare
a lui un futuro più sereno", dice indicando il piccolo che stringe forte
uno zainetto di peluche.
Il Papa? "E' il nostro angelo", ripetono tutti.
Loro che sono musulmani. E ora vogliono scrivergli una lettera per
ringraziarlo: troppo veloci i saluti sull'aereo. Vogliono dirgli quanto è stato
importante nella loro vita.
Omar e Masa, 6 e 8 anni, hanno la faccia stanca: tanta emozione
ancora per gli ultimi mesi passati nella assoluta precarietà. E' la giovane
mamma a raccontare quanto abbiano sofferto, anche somatizzando i disagi. E
adesso, pur circondati da "tante persone gentili" sperano comunque
che "un giorno prima o poi possiamo tornare nella nostra terra", dice
il papà Osama.
Rami, 51 anni, insegnante di storia, è con la moglie, due
figli adolescenti e una bambina. Anche per questa famiglia la vita ricomincia a
Roma. E si può voltare pagina anche indossando una polo giallorossa o la
t-shirt dei Simpson. Rashid, 18 anni, era all'ultimo anno di liceo "ma
siamo andati via e il diploma non lo prenderò", almeno per quest’anno. Poi
si vedrà. Il papà spera di insegnare, magari anche la boxe in una palestra,
visto che nel suo paese da giovane era una promessa di questo sport. Ed è lui a
dire che il primo sorriso dopo tanti mesi di angoscia è arrivato con quelle
lasagne. “Buone, ne ho chiesto due piatti”, dice ancora contento.
Tanta felicità per tutti per la vita che lentamente torna
alla normalità. Ma nei loro cuori è rimasto un pezzo di Siria. "Puoi
trovare un altro posto, un' altra casa, un altro lavoro ma non un' altra
famiglia", dice Hasan pensando ai cari rimasti nell'inferno del loro Paese
in Medio Oriente.
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