Il dono riservato a me da Madre Teresa si chiama M., una ragazza arrivata in Italia, non sa neanche lei come, con un
pancione e un passato esageratamente difficile. L'hanno accolta le Missionarie
della Carità; alcuni mesi con loro, l'arrivo del bimbo, e poi il tentativo di
camminare sulle sue gambe. Di quella mattina, in cui arrivò nella nostra casa per
chiedere un aiuto, un lavoretto qualsiasi, qualche consiglio, ricordo tutto. Il
tempo uggioso, la sua faccia spaurita. Una stretta di mano, “io sono M.”, e poi
quelle due parole pronunciate guardandomi dritta in faccia: "Ho
fame". Ho sentito bene? Ho fame? Spiazzata da quella richiesta franca, pronunciata con dignità, l'ho
guardata negli occhi anch'io e ho visto quelli di Colui che disse a Madre
Teresa "Ho sete", cambiandole per sempre la vita. E così, dopo quella
colazione insieme a tè e biscotti, M. è entrata in qualche modo nella mia vita.
A volte ci capiamo, a volte no. Però, a modo nostro e nonostante i nostri limiti
umani, ci vogliamo bene perché l'una per l'altra siamo il dono di Madre Teresa.
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