SAN NICODEMO E IL CINGHIALE



Una cappella sull’Aspromonte ricorda san Nicodemo, monaco basiliano del X secolo, eremita. Tra le leggende quella della sua amicizia con un cinghiale che riuscì ad ammansire per evitare che continuasse a distruggere i raccolti nei dintorni. Si narra ancora che il monaco fu costretto a regalare quel cinghiale ad un nobile delle terre di Mammola (Reggio Calabria), grande benefattore del monastero. Per le nozze di sua figlia, il ricco signore voleva tra le portate anche la carne di quel cinghiale. Ma poi – sempre secondo la leggenda – san Nicodemo chiese che gli venissero restituite le ossa dell’animale, le benedisse e lo fece tornare in vita.

Ma questa storia, riportata nelle biografie del santo greco vissuto in Calabria non piace a padre Ernesto Monteleone che oggi vive al santuario di San Nicodemo come eremita e si prende cura della cappella a lui dedicata. “E’ una leggenda, non c’è scritto da nessuna parte che sia accaduto davvero”, dice.

Un passato di parroco, circa 25 anni, e poi la svolta: vivere da solo nel silenzio e nella preghiera. Padre Ernesto è uno dei circa duecento consacrati in Italia che ha fatto la scelta più radicale che ci possa essere nella Chiesa, quella di vivere completamente da soli. Ha una sua ‘Regola’, approvata dalla Chiesa, nella persona del vescovo che lo consacrò, appunto come eremita, nel 2000: monsignor Giancarlo Maria Bregantini, in quegli anni a capo della diocesi di Locri-Gerace, e oggi vescovo di Campobasso.

Soli, in luoghi lontani dal frastuono delle città, gli eremiti oggi sanno però anche accogliere chi ha bisogno di loro. Per una parola o un consiglio. Per pregare o confessarsi. Padre Ernesto accoglie tutti con un sorriso nel suo rifugio sull’Aspromonte. Parla piano, quasi sussurra per non rompere quel silenzio da lui tanto ricercato. Del mondo fuori manca niente? “Niente! Io ho di più di quello che c’è là fuori, sono felice”, risponde.

La sveglia suona prima dell’alba, quando fuori è ancora tutto buio, e comincia con l’ufficio delle letture. Poi la Messa tutti i giorni: “la celebro anche quando sono solo”. E poi ancora preghiera. Ma c’è anche il terreno intorno da tenere pulito, la spesa da fare, e le piccole manutenzioni a quella chiesetta. Nella stanza un letto, un tavolo, una stufa, una piccola cucina per prepararsi da mangiare. E poi i libri di preghiera spesso gli unici compagni della giornata.

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