“Siamo chiamati a proporre un cambiamento
negli stili di vita, nell’uso delle risorse, nei criteri di produzione, fino ai
consumi che, per quanto riguarda gli alimenti, vedono perdite e sprechi
crescenti. Non possiamo rassegnarci a dire ‘ci penserà qualcun altro’”. Lo ha
detto il Papa parlando alla Fao, nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione
sottolineando che per porre un argine alla fame nel mondo, che ancora miete
vittime, occorre fermare i conflitti e i cambiamenti climatici.
“Di fronte all’aumento della domanda di
alimenti è indispensabile – ha detto ancora Papa Francesco - che i frutti della
terra siano disponibili per tutti. Per qualcuno basterebbe diminuire il numero
delle bocche da sfamare e risolvere così il problema; ma è una falsa soluzione
se si pensa ai livelli di spreco di alimenti e a modelli di consumo che
sprecano tante risorse. Ridurre è facile, condividere invece impone una conversione,
e questo è impegnativo”.
E allora il Papa ha posto una domanda: “E’ troppo
pensare di introdurre nel linguaggio della cooperazione internazionale la
categoria dell’amore, declinata come gratuità, parità nel trattare,
solidarietà, cultura del dono, fraternità, misericordia?”. Perché “amare vuol
dire contribuire affinché ogni Paese aumenti la produzione e giunga
all’autosufficienza alimentare. Amare si traduce nel pensare nuovi modelli di
sviluppo e di consumo, e nell’adottare politiche che non aggravino la
situazione delle popolazioni meno avanzate o la loro dipendenza esterna. Amare
significa non continuare a dividere la famiglia umana tra chi ha il superfluo e
chi manca del necessario”.
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