San Severino (410-482), che la Chiesa ricorda
l’8 gennaio, nacque da nobile famiglia romana; visse una vita austera e
penitente ed ebbe fama di taumaturgo. Tale era il suo carisma che, da regioni
lontane, i potenti gli chiedevano consigli. I mezzi di cui si servi il santo nella
sua opera di evangelizzazione, oltre alla preghiera, furono il digiuno e
l'elemosina. Scrisse per esempio a Paolino, vescovo di Tigurnia, pregandolo di
indire un digiuno di tre giorni per ovviare alla rovina di una futura calamità.
Paolino ubbidì. Terminato il digiuno, una grande moltitudine di Alemanni seminò
distruzione e morte ovunque, ma i castelli che si erano armati con "lo
scudo del perseverante digiuno" non incorsero in nessun pericolo. Prima di
sanare un infermo Severino indiceva, secondo la consuetudine, un digiuno di
alcuni giorni. Prima di ottenere la guarigione di un lebbroso lo affidò, dopo
aver indetto il digiuno di alcuni giorni, ai suoi monaci. Non tutti amavano
queste austerità. Un sacerdote un giorno gli gridò dietro: "Vattene, te ne
prego, o santo, vattene in fretta, affinché con la tua partenza possiamo almeno
riposarci alquanto dai digiuni e dalla veglie".
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