NON BUTTIAMO IL PANE E I POVERI

«Dobbiamo affrancarci dalla schiavitù delle cose per tutelare l’ambiente e sanare le disuguaglianze. Si deve cambiare partendo da dispensa e frigo che vanno riempiti con intelligenza e coscienza». In vista dell’ottava Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio, lo affermano l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi e l’agronomo ed economista Andrea Segrè in un dialogo su Famiglia Cristiana, nel numero da oggi in edicola.

In Italia, per quanto si presti più attenzione, finiscono al macero ancora troppa frutta, verdura e ortaggi. «Perché deperiscono in fretta», spiega il professor Segrè. Che prosegue, amareggiato: «Poi, c’è il pane. Il fatto che vada sprecato proprio questo alimento così simbolico ci deve far riflettere. Buttare il pane è buttare la relazione, buttare il povero. Soprattutto in un momento come questo dove cresce il numero della povertà alimentare. Oltre un milione in più durante lo scorso anno sono le persone che non hanno da mangiare».

«Il benessere ci fa credere che possiamo fare tutto, ma non è vero», interviene il cardinale Zuppi. «Anche se lo fosse, devo pormi dei limiti. Questa è la premessa della solidarietà. Il valore del pane ci fa riflettere sulla relazione con il povero. Ed è questa che mi aiuta a dare valore a ciò che possiedo. Non solo perché lo posso condividere, ma anche perché ne vedo l’importanza in chi non ce l’ha. In questo senso i poveri ci insegnano a vivere, non c’è dubbio. E a vivere meglio».

In questo la pandemia ci ha resi migliori o peggiori? «Ci ha costretto a fare un corso accelerato di economia domestica e di educazione alimentare», risponde Segrè. «Parlo, ovviamente, per la maggioranza degli italiani che hanno potuto permettersi di acquistare il cibo. Chiusi in casa abbiamo fatto un uso migliore del frigorifero per conservare gli alimenti, una spesa più razionale al supermercato, abbiamo ripreso a cucinare anche con gli avanzi. Abbiamo usato le tre erre di riduzione, riciclo e riuso limitando l’economia del superfluo e del dannoso. Una conversione che era già in atto, ma che ha avuto un’accelerazione».

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