“Digiunerete per un determinato numero di giorni. Chi però è malato o è in viaggio, digiuni in seguito altrettanti giorni. Ma per coloro che a stento potrebbero sopportarlo, c’è un’espiazione: il nutrimento di un povero. E se qualcuno dà di più, è un bene per lui. Ma è meglio per voi digiunare, se lo sapeste!” (184). La prescrizione del digiuno (sawm) nel mese di Ramadan — uno dei cinque pilastri dell’islam — contenuta in questo passaggio della Sura II del Corano evidenzia anche un aspetto importante legato al mancato rispetto del precetto che, com’è noto, prevede l’astensione dal mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali dall’alba al tramonto: l’espiazione, per colui che volontariamente viola il comandamento, un tempo avveniva attraverso “la liberazione di uno schiavo”, oggi digiunando 60 giorni consecutivi oppure nutrendo 60 poveri. Lo ricorda l’Osservatore Romano.
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