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La tavola tra ricette, solidarietà, storie e santità

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febbraio 26, 2020

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febbraio 20, 2020

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CARENZA DI GRANO

febbraio 13, 2020

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FORTI COME GLI ULIVI

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CIBO RECUPERATO

febbraio 12, 2020

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CRISI UMANITARIA IN SAHEL

febbraio 12, 2020

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A TAVOLA SUL MONTE ATHOS

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IL SENSO DEL PANE

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IL FRATE DEI MONTI FRUMENTARI

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"Dio c'è
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(S. Teresa d'Avila)

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SAN GIUSEPPE FRITTELLARO

San Giuseppe viene festeggiato il 19 marzo ma anche il 1° maggio con il titolo di San Giuseppe Lavoratore. Per tutti San Giuseppe è il falegname ma a Roma è anche il ‘frittellaro’. Secondo una leggenda, abbastanza improbabile a dire la verità, San Giuseppe in Terra Santa per mantenere la famiglia si mise anche a vendere frittelle. Da qui la tradizione di celebrare la festa con i cosiddetti bignè di San Giuseppe, ripieni di crema, fritti o al forno. E legata alla tradizione di San Giuseppe frittellaro c’è anche una “Preghiera” scritta nel 1950 dall'attore e poeta romanesco Checco Durante. San Giuseppe frittellaro tanto bbono e ttanto caro, tu cche ssei così ppotente da ajutà la pora ggente, tutti pieni de speranza te spedimo quest’istanza: fa sparì dda su la tera chi ddesidera la guera. Fa vvenì l’era bbeata che la ggente affratellata da la pace e dar llavoro non ze scannino tra lloro. Fa ch'er popolo italiano ciabbia er pane quotidiano fatto

LA PIGNATTA DI SAN FILIPPO

Scherzava, rideva, si prendeva beffa dei potenti. San Filippo Neri era fatto così. Un giorno un grande prelato, Michele Bonelli, nipote di San Pio V, detto più comunemente il Cardinale Alessandrino, offrì un pranzo ed invitò anche Filippo. C'erano molti prelati e dignitari di riguardo, che avevano portato i loro servi, perché allora questi grandi personaggi avevano tutti una piccola corte. Filippo aveva fatto preparare una pignatta di lenticchie dal cuoco e, arrivato il momento di andare al banchetto, la fece avvolgere in un panno e l'affidò ad uno che l'accompagnava. Quando Filippo giunse, la sala era piena, ed egli, dopo aver salutato col cenno del capo, si accostò disinvoltamente alla tavola e mise il fagotto nel bel mezzo tra le argenterie ed i vasi scintillanti: poi svolse la pignatta, che apparve nera, panciuta, brutta in mezzo allo splendore della tavola. Molti dettero segno di disgusto mentre quelli che conoscevano Filippo se la godevano un mondo e ridevano. Il ca

I BISCOTTI DELLA MONACA

Arrivano dalla Sicilia ma è possibile trovarli in molti conventi anche in altre parti d’Italia: sono i "biscotti della monaca". Aromatizzati all’anice, secchi e croccanti, questi biscotti a forma di 'S' furono inventati dalle suore di clausura del Convento di Santa Chiara a Catania, che li producevano seguendo una ricetta segreta da secoli. Servivano per la loro colazione ma soprattutto per la vendita che consentiva il sostentamento economico della comunità religiosa. Fra le terziarie francescane che aiutavano le suore in cucina vi era la giovane Mara Messina. Quando con l’Unità d’Italia i conventi di clausura furono chiusi, la ragazza tornò dalla propria famiglia e tramandò la ricetta dei biscotti a S a una sua nipote, sposata con un produttore di dolci. Così i “biscotti della monaca” si diffusero sul mercato. Ricetta siciliana Ingredienti - 1 kg di farina - 250 g di margarina - 200 g di zucchero - 10 g di amm

IL PIZZO PANARO

Una tradizione campana, in particolare di Benevento, vuole che per la domenica delle Palme si prepari un dolce tipico chiamato ‘Pizzo panaro’, un pandispagna ricoperto di glassa. I bambini in questa domenica si recavano a casa dei parenti portando le palme o ramoscelli d’ulivo ricevendo in cambio questi dolci tondi a forma di pizza, da cui pizzo , e li portavano via con un paniere, panaro . Ricetta delle feste Ingredienti - 50 grammi di zucchero - 50 grammi di farina - 3 uova - un cucchiaio di zucchero a velo - un cucchiaio di succo di limone - burro - farina Per la glassa - 250 di zucchero - mezzo bicchiere di acqua - una manciata di confettini colorati Preparazione 1. In una ciotola montare i bianchi di uovo a neve con lo zucchero a velo e il succo del limone. 2. In una pentola versare i tre tuorli di uovo con lo zucchero e iniziare a mescolare. Con il battitore elettrico, battere il composto e metterlo a bagnoma

IL VELENO PER S. ANTONIO

Tra i miracoli attribuiti a Sant’Antonio di Padova, che la Chiesa celebra il 13 giugno, ce n'è anche uno riguardante una pietanza avvelenata. Un giorno a Rimini un gruppo di eretici lo invitò a pranzo con la scusa di voler discutere alcuni punti del catechismo. Ma in realtà lo volevano uccidere e prepararono per lui del cibo avvelenato. Il frate, ispirato da Dio, si accorse di quanto stava per accadere, e chiese loro: “Perché avete fatto questo?”. E loro risposero: “Per vedere se sono vere le parole che Gesù disse agli apostoli: ‘Berrete il veleno e non vi farà male’”. Antonio allora benedì quel cibo e lo mangiò, senza avere conseguenze. Gli eretici rimasero confusi e si pentirono di quanto avevano preparato; chiesero perdono e promisero di convertirsi. Un altro miracolo di Sant'Antonio è riportato in questo blog nel post: IL PANE DI SANT'ANTONIO .

IL PESCE DEL TIBERIADE

“Calate le reti per la pesca”. Pietro e gli altri avevano passato tutta la notte nel grande lago di Tiberiade senza prendere nulla ma sulla Sua parola gettano di nuovo le reti e “riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano”, racconta Luca nel Vangelo di oggi. E pensando alla pesca miracolosa, alla mente torna il pesce San Pietro mangiato al refettorio delle suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria. Un ristorante per pellegrini che si trova al Monte delle Beatitudini in Galilea. Non si tratterebbe esattamente del punto in cui Gesù fece il discorso della Montagna, ma di un luogo un po’ più in alto sul quale è stato possibile costruire il Santuario. Il pesce del Tiberiade più famoso è appunto il San Pietro, grande, tondeggiante. Quello arrostito e servito nella mensa delle suore occupava tutto il piatto. Il lago di Tiberiade è ancora molto pescoso e forse i pesci che si mangiano oggi sono gli stessi della pesca miracolosa. Il lago non ha

ADDIO BABETTE

Addio a Stephane Audran, attrice del 'Pranzo di Babette'. Aveva 85 anni ed è morta in seguito ad una malattia. Il film è tra le pellicole preferite da Papa Francesco. Ne avevamo parlato in questo blog nel post: FRANCESCO E BABETTE .

UN ALVEARE A NOTRE-DAME

Sul tetto della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi spuntano gli alveari. E’ una delle 400 casette per le api che sono state installate negli ultimi anni sui tetti della capitale francese. L'apicoltore Nicolas Géant spiega: "L'apicoltura urbana negli ultimi decenni è diventata sempre più popolare nel mondo. Da lungo tempo, la città leader in questo settore è Parigi”. Il primo rifugio per una colonia di api sulla cattedrale Notre-Dame è apparso tre anni fa. Da allora, diverse generazioni di api si sono avvicendate. Le api che abitano sul tetto della più famosa chiesa di Francia sono della varietà Buckfast che è il risultato di una severa selezione eseguita per settant'anni dai monaci britannici che allevano api per produrre la cera necessaria per le candele. Ogni arnia installata a Notre-Dame dovrebbe fornire 26 chilogrammi di miele l’anno.

IL PANE DI SANT'ANTONIO

Nelle chiese francescane il 13 giugno, giorno della festa di Sant'Antonio, si benedicono dei piccoli pani che poi vengono distribuiti ai fedeli. Questa devozione nasce dall'iniziativa del " pane dei poveri " che nel passato era molto diffusa nelle chiese. La tradizione vuole che questo gesto sia legato al miracolo del piccolo Tommaso. Tommasino era un bimbo di venti mesi: la madre lo lasciò in casa da solo a giocare e lo ritrovò poco dopo senza vita, affogato in un mastello d’acqua. Disperata invocò l’aiuto di Sant'Antonio, e nella sua preghiera fece un voto: se avesse ottenuto la grazia avrebbe donato ai poveri tanto pane quanto era il peso del bambino. Il figlio tornò miracolosamente in vita e nacque così la tradizione del pondus pueri una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a Sant'Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso.

LE QUERCE DI MAMRE

Parla di ospitalità il passo della Genesi sull'incontro alle Querce di Mamre. Passano tre forestieri e Abramo si fa letteralmente in quattro per ristorarli. Offre loro acqua da bere, poi chiede a Sara, sua moglie, di prendere tre sea (unità di misura che corrisponde a un po’ più di 7 litri) di fior di farina per impastare e fare delle focacce. Fa preparare il vitello e lo serve con latte e panna. Era il Signore che era apparso ad Abramo “alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno”, racconta la Genesi. E a quell'uomo che aveva offerto cibo e ospitalità senza aspettarsi nulla in cambio il Signore promette: ”Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”.

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